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Chi si prende cura di chi cura? Caregiver, questo sconosciuto

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caregiving480-blogSpanCirca un mese fa, a Leonardo Melle, manduriano, disabile per il degenerarsi di una malattia, ma distintosi per la sua grinta sportiva e voglia di vivere nonostante tutto, è stato assegnato un importante premio, il “Premio San Gregorio Magno”. Al momento della consegna, Melle ha dedicato il riconoscimento alla sua compagna. Prendo spunto da questo per parlare di del “caregiver”. Il termine “caregiver” indica solitamente “colui che si prende cura” e si riferisce di solito a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile. Nel cargiver si identifica la persona che si occupa dell’accudimento e della cura di chi non è in grado di provvedere a se stesso in maniera autonoma, del tutto o in parte. Gli assistiti possono essere persone con disabilità fisica o psichica oppure persone anziane con malattie invalidanti. Quasi sempre i il cargiver è un familiare. E quasi sempre la maggior parte dei caregivers familiari sono donne, in prevalenza sono mogli che si occupano dei mariti o figlie che si occupano del proprio genitore o madri che si occupano dei loro figli. Le cure che prestano sono sia di tipo fisico (pulizia e igiene, pasti, medicazioni), sia di tipo pratico (organizzare visite, riabilitazioni, orari medicine, ecc.), sia di tipo emotivo (assecondare i loro sbalzi di umore, inventare la possibilità di dare stimoli e predisporli comunque a reagire). La maggior parte di queste persone purtroppo necessita, oltre che delle cure sopra descritte, anche di sorveglianza continua. In alcuni casi, infatti, a causa della malattia, che rende imprevedibili i loro pensieri, comportamenti e azioni, non possono essere mai lasciati da soli perché possono essere pericolosi per sé, potrebbero ad esempio ferirsi anche involontariamente, ma anche per gli altri, magari in un momento di confusione mentale. La sorveglianza continua, la difficoltà di rapporto e di comprensione con il proprio caro, la mancanza di riconoscenza che spesso accompagna le sue risposte , rendono i compiti di cura e assistenza molto gravosi. Prendersi cura di un familiare che non è più autosufficiente o non lo è mai stato, è un’esperienza che è accompagnata da diverse emozioni alcune anche molto dolorose. In particolare, è molto difficile riuscire ad accettare la malattia del proprio congiunto, è difficile farsene una ragione, è difficile avere a che fare con la società che dice di essere disponibile ad accettare le persone con disabilità ma solitamente alla prima occasione evita e tiene a debita distanza, è difficile non essere invasi da un sentimento di rabbia, angoscia e frustrazione che inevitabilmente la vita offre. I compiti di assistenza e cura possono logorare il cargiver che, non di rado, a causa del “peso” dell’accudimento, può cominciare ad accusare disagi psicologici come ansia, agitazione, insonnia o depressione. La malattia del proprio caro comporta un carico emotivo difficile da gestire: ci si può sentire appunto, arrabbiati, tristi, angosciati, stanchi. Assistere, sorvegliare, accudire una persona malata è un compito che può portare sì delle soddisfazioni ma indubbiamente è un compito pesante. Un compito equiparato quindi ad un vero e proprio lavoro di “assistenza” che necessità di attitudini e forza d’animo, per poter funzionare. I caregivers familiari si trovano, quindi, nella situazione paradossale di fornire un grande aiuto, di cui beneficia il malato, ma di pagare un prezzo emotivo e personale, spesso molto alto nello svolgimento della cura. A tal proposito, infatti, il Coordinamento nazionale famiglie di disabili gravi e gravissime ha presentato una petizione nella quale richiede a Bruxelles di intervenire, perché l’Italia è uno dei pochi Paesi dove la figura del family caregiver non è riconosciuta e non ha diritto ad alcuna forma di tutela previdenziale, sanitaria e assicurativa. Spesso infatti chi ricopre il ruolo di cargiver familiare è costretto a restare in casa per assistere il congiunto, perdendo quindi la possibilità di poter lavorare o perdendo addirittura direttamente il lavoro e contributi. La figura del cargiver quindi risulta una figura di estrema importanza per il suo compito ma, altrettanto importanza ha la persona che si ritrova a coprire questo ruolo, in quanto persona. Importantissimo infatti è che queste persone non vengano mai date per scontate, perchè anche loro hanno diritto come tutte le altre a poter avere una vita sociale, degli hobbies, potersi dedicare a quelle che sono le cose scontate della vita come andare a fare la spesa o prendere un caffè con gli amici. Importante è, che queste persone siano appoggiate nei momenti di sconforto o rabbia, siano capite, consolate e incoraggiate sottolineando il loro importantissimo operato. In poche parole, è importante che ” ci si prenda cura, di chi si prende cura”.

Fabiola Pizzi

 

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L'articolo Chi si prende cura di chi cura? Caregiver, questo sconosciuto è stato pubblicato originalmente su La Voce di Manduria.


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