TARANTO – «Così com’è, l’Arpa Puglia può andare anche a casa perché hanno rotto (…) per nessun impianto Ilva si deve ipotizzare una sia pur minima restrizione produttiva». In questo modo, secondo Girolamo Archinà e per suo tramite, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, assicurava la sua vicinanza a Fabio Riva, patron del siderurgico tarantino, preoccupato in quel periodo delle prescrizioni dell’agenzia regionale per l’ambiente che metteva a fuoco i dati sull’inquinamento dettando misure per limitarlo. «Vendola è imbestialito, soprattutto nei confronti di Blonda e Giua ma anche di Assennato (i primi due funzionari, il terzo presidente Arpa, ndr), che non coordina niente». Queste ed altre parole che non compaiono in nessuna conversazione diretta del presidente il quale, è bene dire, viene coinvolto solo per de relato, sono contenute in una email che il responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva, indagato principale della grande inchiesta sull’inquinamento, inviò al vertice del gruppo il 22 giugno del 2010.
Temporalmente siamo a due settimane prima della famosa telefonata (quella sì intercettata e quindi diretta), in cui Vendola si compiaceva con Archinà per «lo scatto felino» con il quale quest’ultimo aveva strappato il microfono al giornalista che chiedeva conto a Riva delle morti per l’inquinamento. In questo documento indirizzato all’allora direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso che a sua volta lo ha girato al ragioniere Riva, il factotum Archinà illustra il risultato della sua attività di arguto collettore con la grande politica. «Egregio ragioniere – si legge -, con e-mail separata ho inviato una bozza di lettera da inviare ad Arpa Puglia. La necessità della lettera – scrive Archinà – è confermata anche dall’incontro che ho avuto con il Presidente Vendola, presenti il Capo di Gabinetto (Francesco Manna), l’Assessore Fratoianni, Losappio ed il dott. Pellegrini». A quel riferito incontro, sarebbe stato presente «anche il sindaco (di Taranto, ndr) Stefàno». Archinà metteva così al corrente Riva circa l’esito di quella riunione. «Giudizio di Vendola è che “così com’è, Arpa Puglia può andare anche a casa, perché hanno rotto…” (la frase riferita al presidente è così virgolettata dall’autore, ndr). Vendola è imbestialito – prosegue lo scritto –, soprattutto nei confronti di Blonda e Giua, ma anche di Assennato che non coordina niente». E ancora. «Vendola l’altro giorno parlando a Brindisi – scrive sempre Archinà -, ha dichiarato in piazza che la priorità della Regione è quella di estendere il modello Ilva a Brindisi ed in particolare ad Enel. Quindi, non ammette che Arpa non segua questo indirizzo». Assicurando il suo interlocutore circa l’impegno di Vendola a non limitare la produttività dell’acciaieria, il portavoce dei Riva rincara la dose: «ha aggiunto (Vendola, ndr) che la politica ambientale della Regione non è quella di fare la guerra ad Ilva, ma (…) di non permettere ad Enel e Eni di provocare la piazza a danno di Ilva per coprire le proprie magagne. Al ritorno dalla Cina – conclude Archinà riferendosi a Vendola che in quel periodo era in visita istituzionale in Oriente -, affronterà direttamente la questione».
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno
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