«Le ragazze di oggi sognano di diventare stiliste ma nessuna vuole imparare a cucire». Ad affermarlo è Lucia Giuliano, classe 1944, la rappresentante manduriana più veterana in ambito sartoriale. Maestra di taglio e cucito, vanta 55 anni di lavoro come sarta, iniziato poco più che adolescente, ma con tanta passione
Maestra Lucia chi vi ha indirizzata verso questa professione?
«Ho cominciato molto presto. Pratico questo mestiere da tantissimo tempo perché ho iniziato quando ero giovanissima. Sono state mia zia e mia madre a scegliere di mandarmi alla scuola di sartoria all’età di 14 anni. In realtà all’epoca non c’erano delle vere e proprie scuole, ma si imparava a cucire presso un’esperta sarta che allestiva nella propria abitazione un laboratorio adibito a noi giovani apprendiste. Sono stata molto fortunata perché sulla mia strada ho trovato una brava maestra che mi ha insegnato ad amare il mio lavoro. A 17 anni lavoravo già a casa come sarta. Dall’anno 1985 ho cominciato a lavorare in una nota sartoria manduriana per abiti da sposa, dove sono rimasta impiegata per 25 anni».
Com’è cambiato nel tempo lo stile degli abiti che le donne vogliono indossare nel giorno del loro matrimonio?
«In passato le ragazze si sposavano quando erano ancora molto giovani e sceglievano vestiti pomposi per assomigliare a delle principesse. Quando l’età delle spose si è alzata, le linee delle creazioni si sono fatte più semplici e pulite. Attualmente sta ritornando di moda l’abito ampio, soprattutto tra le ventenni».
Che evoluzione c’è stata in questi anni sugli strumenti utilizzati per il cucito?
«Una volta il lavoro della sarta era prettamente artigianale, oggi si può definire industriale. Quando ho cominciato a lavorare, utilizzavo la macchina da cucire a pedali quindi il lavoro era molto più faticoso. Si procedeva a rilevare col metro le misure sulle persone. Successivamente le misure prese venivano riportate a matita su un enorme foglio di carta sul quale poi si poggiava la stoffa per essere tagliata, seguendo il modello creato sulla carta. Conseguentemente sui tagli i stoffa effettuati, venivano cuciti i punti lenti, procedendo all’imbastitura del nuovo abito. La cliente provava almeno due volte l’abito, ma una seconda prova era necessaria solo per sistemare qualche difetto, in quanto l’abito era già cucito a macchina. Oggi esistono le cucitrici elettriche, dove il modello esiste sul computer ed il lavoro è più semplice e molto meno faticoso».
Ci sono dei giovani che hanno imparato il mestiere da te?
«Quando lavoravo come sarta a casa mia, mi organizzavo tra gli impegni della mia famiglia, i lavori sartoriali da consegnare, che a volte cucivo anche di notte per essere puntuale con le persone, e in tutto questo riuscivo a trovare anche il tempo per insegnare ad alcune “discepole” la mia arte. Quindi in casa avevo una stanza dove ospitavo alcune ragazze alle quali spiegavo il cucito, il ricamo e le applicazioni sui vari tipi di stoffa, dalla seta al poliestere. Poi quando cominciai a lavorare nella sartoria per abiti da sposa, non ho potuto più dare spazio all’insegnamento poiché il mio tempo era interamente assorbito dal lavoro dipendente e dalla famiglia, considerato anche che mio marito, pure lui sarto, rientrava a casa tardi dal lavoro».
Chi sono i clienti che si rivolgono a una sarta per un abito su misura?
« Non sono persone con un bassissimo reddito, ma neanche gente particolarmente ricca: direi che ogni tipo di persona, indipendentemente dal ceto, almeno una volta nella vita ha richiesto un abito cucito dalla sarta. Purtroppo oggi il confezionamento degli abiti ha limitato il contatto tra i privati e le sarte. A volte si prediligono i grandi marchi pur con qualche difetto piuttosto che un abito dal taglio sartoriale. Ad ogni modo chi ancora oggi entra in una sartoria artigianale è disposto a spendere qualcosa in più per avere un abito personalizzato e cucito su misura».
Quale prospettiva pensi che ci sia per il tuo lavoro?
«Le ragazze con la passione per la moda sognano di diventare stiliste ma nessuna vuole imparare a cucire. Attualmente esistono le scuole, veri e propri istituti di moda, ma ciò spinge a spostarsi al nord ed entrare nei grandi atelier di famosi stilisti per poter dar vita alla passione di creare vestiti. Gli ultimi anni sono stati particolarmente difficili per i sarti artigianali: o si ha un nome e una propria clientela, oppure la sartoria in paese non è destinata a svilupparsi, a meno che qualcuno non voglia investire in una propria azienda di cucito».
Sara Piccione
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